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In occasione del suo cinquantesimo compleanno, eccomi a scrivere su di lui: Tupac Amaru Shakur. Il vero “Padre” del mio amore per il rap/Hip-hop. Il primo che mi ha passato l’amore verso questa musica, che aveva iniziato a farmi capire il suo senso.
Questa musica nata dai ghetti, dalla gente povera, da chi aveva bisogno di qualcosa in più, che soffriva la fame, problemi familiari, che si dovette chiudere nella vita da “gangsta”. Spesso morendoci, come successe infine anche a lui.
Moltissimi rapper sono veramente provenienti da quella vita incredibilmente difficile. Non solo costituita dalla povertà e criminalità, non sono fatta da problemi familiari, ma anche dal pesante razzismo che vige (purtroppo!) ancora nel nordamerica.
Tupac Amaru Shakur, figlio di Afeni. Erano una famiglia povera, il padre di ‘Pac era assente fin dalla sua nascita, la madre single ebbe qualche problema a crescerlo, dovendo lavorare anche troppo.
Il ragazzo aveva qualcosa dentro, un fuoco. È forse questa la cosa che mi ha fatto innamorare di più di lui, che tramite il rap, trovava il modo migliore di esprimersi. E non solo: credo fosse il suo modo per cercare “vendetta”, la rivincita verso la vita fin troppo complicata.
Perché, Tupac Amaru Shakur, non si era mai arreso. Era praticamente perennemente incazzato con la vita (come me), e combatteva contro di essa.
Peccato averlo conosciuto solo da morto: del resto, avevo solo 6-7 anni quando successe. E ancora non avevo sviluppato l’amore per la musica, successe qualche anno più tardi, dopo il 2000.