Parte 17: qui.
Ogni venerdì “Un nuovo Mondo”: un racconto fantasy un po’ strano, a volte proprio caotico, di cui ho avuto l’ispirazione da un po’ di tempo, ovvero quando io stesso mi sono accorto di vivere… “in un nuovo mondo”, appunto.
Parte 18:
Si sa, in fondo: rimettere a posto il cuore, non è mai un compito facile.
L’eracolatore si chiese se, in fondo, quando il cuore viene spezzato, se rimane sempre qualche pezzo. Sembra che venga completamente distrutto, ogni volta. Spremuto di tutta la sua vitalità.
Il “dovere” che imponiamo al nostro cuore di doverci credere, di non arrenderci, e continuammo a consumare la sua energia, la sua fiamma.
E per quanto ci sembri forte, ogni cosa ha il suo limite. Infatti, dopo che l’amore cessa di esistere, smettiamo di crederci, e cadiamo, ogni volta nell’apatia, nella noia, nel nulla.
L’uomo cercò dentro di sé, era da troppo tempo che viveva senza sentimenti veri e propri.
Se il nostro cuore potesse essere una parte di noi, da bambino, se questo fosse fatto a pezzi…da qualche parte c’è qualcosa che è rimasto? Un braccino? Una gamba? Qualcosa?
Magari c’è un piccolo cuore, dentro il nostro bambino interiore.
E se questa parte, ancora esiste… si può riformare? Può forse nascere qualcosa di nuovo?
Nel palmo della sua mano, aveva quell’energia che i suoi compagni avevano preso dal vulcano, si sentiva meglio con quello, ma… mancava qualcosa.
Era qualcosa di grezzo che doveva essere forgiato, scolpito, fortificato.
Un nuovo cuore che doveva essere diverso: più attento, un poco più collaborativo con la mente, quindi razionale e meno avventato.
Sicuramente, però, aveva bisogno di nuovo di sentire l’amore dentro di sé.
Così, senza dirlo a nessuno, decise di andare al vulcano Phrob da solo, senza avvertire Gugu e compagnia. Prese il treno, e partì.
Com’era strano quel nuovo mondo: con così tante incertezze, con volti nuovi, che non sai quanto possano restare. Beh, ad un certo punto uno smette di farsi domande e a capire quanto tempo perde a farsi paranoie.
E allora, ci si lascia cullare da quella sensazione che la coscienza ci suggerisce: il lasciarci andare, senza più trattenere nulla, via, dalla corrente.
Senza più domandarsi chi o cosa ci sia, in fondo.
Quell’uomo era una persona incapace di fregarsene, ma sapeva anche che non poteva stare in quel mondo per sempre.
Giunse quindi, anche lui alle pendici del vulcano, salì ed entro lì dentro.
L’essere misterioso che abitava lo vide, e si presentò davanti a lui:
- Non chiedermi di combattere, non ne sono capace. – Gli disse l’Eracolatore.
- Mh, si vede. Sei un pacifista, ma hai con te la mia creazione.
- Sì, ti ringrazio ma…
- Non ti basta, eh? Lo immaginavo.
- Ah sì?
- I tuoi compari non mi avevano detto il tuo problema, del resto.
- Hai capito qual è?
- Sì, guardandoti… ti manca provare emozioni.
- Esatto, ma…
- Vuoi qualcosa di nuovo, eh? Che possa funzionare. Dai a me quello che avevo fatto per te, e… Ce la fai a darmi il tuo cuore?
- Cosa? E come potrei farlo? Morirei.
- No, non il tuo cuore fisico…
- Ah, beh non so come, ehm… “estrarre”.
- Lascia provare a me.
La creatura mise la mano sul petto dell’uomo, e si illuminarono entrambi. Uscì fuori da lui, appunto, un piccolo braccio, e brandelli di un cuore.
Sembrava fossero fatti di fuoco, ma ormai quasi spento.
- Sono ancora caldi. – Disse Phrob, che si mise a lavorare con incudine e martello, per poter ridare vita a ciò che aveva preso in mano.