Sapevo, ormai, a quel punto della vita, che nelle separazioni, si resta spesso soli, a farsi domande:” dove ho sbagliato? Qual è il problema?”
Si decade nelle convinzioni di essere un problema, e più domande si fanno, più resti nella tua fissazione, e diventa ossessione.
La separazione dalla donna che amavo mi aveva fatto cadere in un baratro apparentemente senza uscita: lottavo disperatamente.
Volevo stare bene, pensare a lei era come una dipendenza, la stessa però, dalla quale cercavo di fuggire: sapevo che mi faceva male, sapevo che dovevo cercare di stare bene, ma non riuscivo a smettere di parlarne, di desiderarla: era sempre lei, la “cosa” che volessi di più al mondo, che poi, avevo lottato così disperatamente di ottenere.
Ricordavo quasi continuamente i bei momenti passati insieme, la mia finestra di felicità ora diventata questo …incubo.
Avendo poi, ancora in me il desiderio sessuale molto grande, continuavo a ricordare tutte quelle volte in cui facevamo l’amore, e finivo per masturbarmi, sempre e solo su quella persona: sfoghi continui, tra pianti e orgasmi, ma nulla di tutto questo serviva.
Alcune volte, tentai di ricontattarla, ma non ottenni risposta, e avevo notato che non eravamo più in contatto neppure sui social, sembrava proprio mi avesse tagliato fuori, mi domandai il motivo, ricordando come c’eravamo lasciati. Intuii che qualcuno doveva averle detto qualcosa.
Sì, ed era sbagliato. Ma non me ne rendevo conto.
Ora, con il senno di poi, è facile pensare che dovevo stare calmo, dovevo aspettare, lasciare scorrere le acque, cercando di tenere per me, quel fuoco.
Ma divampava in maniera così forte e violenta, e nemmeno mi resi conto, che un po’, anche io stavo distruggendomi, spezzando il cuore sempre di più.
Non ero riuscito a proteggermi, da me stesso.
Mi dispiaceva enormemente di averle causato disagi, senza che me ne accorgessi, per quanto fossi sempre stato in buona fede. Glielo scrissi via messaggio, anche in qual caso fu inutile.
Capii poi, parlando con altre persone, che mi vennero a riferire alcune cose, che lei si era spaventata, aveva paura di me, ero scioccato.
Dicevano cose che non avevo fatto, si ricordavano che avessi fatto il giro di un parco dove c’era lei, apposta per vederla, ed io replicai a questo amico inutilmente, dicendo che non era affatto vero, che anzi, avevo fatto una strada apposita proprio per evitare che lo pensasse.
Ma… tutto inutile. Ormai si erano convinti di una verità, ero diventato per molti quel “mostro”. E sapevo che in fondo era colpa mia.
Mi arrabbiai con questo amico perché secondo me era stato manipolato: credeva più alle idee altrui piuttosto che a me, e ci conoscevamo fin da piccoli! Che razza di amico fa così? Ero stanco, deluso, e ormai stavo passando il tempo ad essere arrabbiato.
Mi dissero che lei pensava che volessi farle del male, fare qualche violenza sessuale o chissà cos’altro! Io, che non volevo fare e non avevo mai fatto nulla a nessuno.
Io, che avevo sempre vissuto credendo nel rispetto, e poi, tra tutte le persone del mondo, lei era l’ultima a cui avrei torto un capello.
In fondo, era la persona che amavo più di tutte.
Fu in quel momento che il mio corpo sembrò dirmi che era stanco di arrabbiarsi, era stanco di sbattere la testa contro dei muri.
Consapevole del fatto che stavo solo perdendo tempo, lasciai perdere ogni discussione, per un po’ andai nella direzione che mi sembrava la migliore, stetti con chi ritenevo simile a me, e non a torto.
Ma solo ora, dopo tante esperienze, dopo essere stato a contatto con chi aveva avuto esperienze simili alle mie, che credo di aver capito tutto.
Era in fondo, come vivere un amore, anche se corrisposto, ma non consumato.
Grazie ad esperienze altrui e racconti che fecero su di lei e un suo ex, che capii che non ero il “Il mostro”, il “problema”, che siamo noi tutti a respingere le altre persone, perché ci ricordano qualcosa di oscuro che però abbiamo dentro di noi.
Così come avevo fatto anche io.
Capii che nella vita non ci sono “mostri”, non ci sono demoni, e non c’è una giustizia che si deve elevare sopra gli altri, per punirli, come se fossero peccatori.
Capii che ognuno di noi ha i suoi problemi e difetti psicologici, e se era successo tutto quello, era perché ero ancora inesperto, e il fuoco della passione era stato incontrollabile.
Era troppo tardi, (o almeno così credevo), per poter ricucire i rapporti con Paola, anche se ora sarei stato in grado di vivere anche un rapporto di amicizia, con calma, e razionalità.
In tutte quelle fiamme di accuse, di parole che mi tornavano in mente, di lei che si aspettava fossi più “cinico”, o che cercavo solo attenzioni.
La verità, celata dentro di me, è che desideravo invece, solo la fine del mio dolore, non riuscendo sempre a trovarla da solo.
Avrei voluto una chiusura, ma quello avviene solo tramite un confronto, ed invece ero lasciato solo, con mille domande, e non ero capace di trovare le risposte.
E in tutto questo erano passati due anni, non ero il solo ad aver perso la bussola.
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