Stiamo ancora a giocare con la vita, come se ormai, verso i 30, o passati, ci potessimo ancora illudere di poterci comportare come ragazzini. Vedo molta voglia di restare attaccati alla propria giovinezza, cosa che capisco, ma io sono stanco di fingere.
Mi vergogno certe volte a sentirmi immaturo, forse a volte mi immergo in una fragilità d’altri, che non mi appartiene, cercando di capire cose che dovrebbero smettere di avere un senso, con la razionalità di perdere un po’ di quello che era, smettendo di ascoltare gli altri.
Ormai mi rendo conto che per molte cose sono un uomo fatto e finito: con idee politiche, filosofiche, calcistiche, musicali, passioni, tutto. Consapevole di non averci mai capito veramente nulla e tutto, con la mia idea e la mia verità,
dato che non ne esiste una oggettiva e che quelle che abbiamo sono state manipolate dalle nostre convinzioni mescolandosi con quelle di altri, alla fine sappiamo che è quella che accettiamo, riconosciamo, per quanto possiamo metterci le sfumature giuste di grigio, ricordandoci, senza stancarci neanche un momento del “vecchio adagio”: “In Medio Stat Virtus” – o comunque- la verità sta nel mezzo. Ovvero non nel mediocre, ma lì dove tutto può confluire.
Laddove bisogna smettere di voler essere qualcos’altro da quello che si è: non sono un seduttore, un “macho man”, un uomo che conquista, che distrugge cuori,
che guarda la vita dei famosi, e le belle donne che hanno. Che invidia, e che pensa come molti: “voglio quella vita”, quella persona, sì.
la cosa peggiore che fa l’invidia è farci credere che al posto loro, noi faremmo di meglio.
Volevo una persona, per tanto tempo ci sono rimasto male quando non ho potuto averla, ora ho la razionalità di capire tutto e ho la consapevolezza di essere impotente, e ora, sento il dolore come una persona che non sta più con me, che ricordo con nostalgia, ma non si prova altro.
È da un’altra parte, è rimasta qui, tra le ferite che attraversano il cuore,
mentre pensi “le vorrò sempre bene”, sai che non ci sarà la possibilità di fare altro, domande senza risposta, speranze infinite che non cesseranno di esistere, ma che sai, non diventeranno mai realtà.
“E usa i sogni per vederci chiaro, parlane sempre piano
Tielli avvolti dal mistero chiusi con lo spago
Se non li sciuperai, potrai darli in regalo
Alcuni non si avvereranno mai, è per questo che li facciamo”.
Il dolore è un rumore sordo, quello che significa diventare persone adulte, pensando a quando sognavi di fare chissà cosa, ora ti ritrovi in mezzo a gente che ha fallito.
Quante persone attorno a me, sono come me, quanti ancora non sono riusciti a fare quello che vorrebbero? Tutti, compresi anche quelli che sembrano stare meglio, ancora appresso ai soldi, e altre illusioni.
Non c’è nulla da invidiare a chi finge la felicità.
Ci fosse una persona che mi faccia davvero un bell’effetto, no, ognuno è schiavo di qualche sentimento, ed io, cerco di scappare dalla realtà che accetto, ed affronto ogni giorno a testa bassa ed alta.
Quanto tempo perso a pensare che si potesse davvero fare una distinzione tra le persone, quanto tempo perso a credere che chi parlava di qualcuno in un modo, potesse ritenersi migliore di lui.
Quanto tempo a sentirmi dire cosa valesse la pena o meno sentire dolore, soffrire, come se fossero davvero gli altri a decidere per cosa tu debba versare lacrime, sì, che sia grande o piccola, che cazzo ne sanno loro, come mai potranno saperlo?
Aver amato, per bene, per una cosa grande, piccola, falsa, inventata, ogni cosa è comunque esistita e il dolore era fottutamente reale, intenso.
Con una rabbia che non sai se finirà mai, come se contasse, per davvero decidere per cosa sia giusto o meno incazzarsi.
Come se dovessimo misurarci la minchia delle sofferenze, “guarda, c’ho le sofferenze più lunghe e grosse delle tue”,
“eh, stai zitto, come puoi parlare d’amore per quella persona se non ci sei stato insieme?”
Come se non si potesse provare amore se non tramite predeterminate condizioni.
Cosa cazzo parli a fare, se non mi hai ascoltato neanche per un momento? Se hai creduto che io abbia sbagliato ancor prima che io abbia aperto bocca? Allora a che è servito parlare?
A che serve dirmi che qualcuno è “razionale” se ti impedisce di ragionarci? Di cosa parli, poi? Quante cazzate mi avrai detto?
Che avrai avuto buona fede per difendermi lo capisco, ma non avevi calcolato che io voglio la verità, e non robe che sono false, non è che è stato poi così difficile contraddirti, alla lunga.
Ancora che pensate che per essere felici bisogna “divertirsi”, fare chissà quali feste con così troppa roba, per riempire quei vuoti immensi che avete dentro.
Ed io ormai non sento quasi più nulla, ad essere sincero.
Mi sento così fottutamente apatico, vorrei che succedesse qualcosa ma non ci spero più. Ormai con la testa sono fuori da qui, ringrazio il laboratorio teatrale, Mammut, le uniche cose che sono capaci di scuotermi, farmi sentire qualcosa, anche se non glielo dico, lo scrivo qua sopra, pensando che manco lo leggeranno.
Sono stronzo? Non lo so, voglio tenermi le cose per me, tranne qui, tra le pagine.
Sì, non vedo l’ora di tornare a Bologna, non vedo l’ora di lasciarmi tutti questi ultimi anni alle spalle, che io, sono stanco, in fondo, di volere cose.
On voglio più volere niente, non voglio più volere lei.
Voglio tornare dove ero felice, dove non pensavo di volere cose, in fondo. Vivevo, lavoravo, facevo. Non volevo niente, stavo bene in quel modo.
Chissà, quella forse è la felicità?
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