Recensione: Xenoblade 3. Gioco più… “Maturo”?

In “ritardo” ho preso questo gioco a settembre/ottobre perché era uscito in periodo estivo. Cosa c’entra direte voi? Che, come avevo previsto me lo sarei goduto meno perché d’estate tendo ad uscire di più, invece in periodo invernale era meglio, secondo me.

Anche perché avevo letto articoli che dicevano che sarebbe uscita una limited edition in Europa per quel periodo, ma poi… non è mai esistita, oh beh.

È la prima volta che scrivo una recensione su uno dei capitoli della serie, finito proprio il primo gennaio 2023, (quindi mi hai impegnato lungo tempo, come succede di solito con questo tipo di giochi).

In realtà però sono ormai diversi anni, anzi, di più, che conosco la serie e gioco ai vari capitoli.

Il primo infatti era nel 2011, il primo dei Xenoblade, e anche stavolta abbiamo una cifra doppia: 11 e 22.

La trama è lunga e complicata, la menzionerò potrei fare SPOILER, ma verso la fine.

La meccanica di gioco è molto simile ai capitoli precedenti, anche se con interessanti e belle variazioni.

Nei capitoli precedenti avevamo 3 personaggi in squadra che si dividevano i compiti: attaccante-difensore-guaritore.

Il difensore con si dice in gergo da gamer: è il “tank”, attira il nemico e prende le botte. L’attaccante è più forte in attacco e infligge danni o indebolisce il nemico mentre questo è “distratto”, il guaritore… beh, non c’è bisogno di dirlo.

Anche qui è più o meno così in verità ma i personaggi non sono  3 ma 6, e mentre nei capitoli precedenti (almeno io) mi trovavo bene ad usare solo o soprattutto l’attaccante, qua ho voluto variare trai vari ruoli anche per dei “semplici” motivi.

La novità più interessante è stata senza dubbio il poter cambiare personaggio in qualsiasi momento, ovvero sia quando stai in cammino, sia in combattimento, invece di dover andare come nei precedenti (mi pare) ogni volta nel menù. (Magari mi ricordo male e si poteva fare pure nel 2, boh).

Secondariamente ho trovato i personaggi del 3 molto più interessanti, sia come carattere e personalità che anche con le loro abilità e stile di combattimento, magari rendendo la cosa più semplice e divertente anche per chi, come me, non è amante del difensore o guaritore, preferisco essere attaccante.

Cosa che il sistema “cambia personaggio quando vuoi”, agevola molto perché i guaritori sono gli unici che possono rianimare gli altri personaggi quindi se l’attaccante viene sconfitto, basta passare subito ad un guaritore, rianimarti e riprendere il personaggio di prima immediatamente.

Spesso di usare questo sistema però on c’è bisogno dato che l’altro personaggio viene (quasi sempre) subito a rianimare gli altri in automatico.

Dulcis in fundo, tutti e sei i personaggi si uniscono tra loro uomo e donna, sempre, creando gli Uroboros, un essere molto potente, con un aspetto mostruoso, quasi divino o alieno.

Il giocatore può trasformarsi temporaneamente in questi possenti esseri e ognuno dei quali ha tecniche poteri diversi, questo incentiva il conoscere al meglio tutti i personaggi e le loro tecniche.

Certo, ci sono molte cose da memorizzare perché oltre alle tecniche devi gestire le abilità passive, e altro…

Ma mi viene più semplice memorizzare o studiare queste cose se non diverse combo, sono un po’ “pigro” da quel punto di vista.

Gli Uroboros contrastano i Moebius, esseri umani che si trasformano in mostri molto più demoniaci, con corna, e occhi malvagi, i nostri avversari.

Gli Xenoblade sono giochi in cui non trovo mai particolare difficoltà, magari sono bravo io, ma spesso capita di battere i nemici con relativa facilità.

Anzi, vi dico che stavolta non sono voluto cadere nel “tranello” delle subquest per poter affrontare l’ultimo boss al suo livello, cosa che mi è riuscita, anzi: affrontando alcuni nemici prima di lui nella fase finale, ho avuto più difficoltà contro di loro che contro di lui.

Lui chi? Il boss dei Moebius: Z.

E niente, non è stato difficile ma nemmeno facilissimo, però se uno impara alla perfezione le combinazioni, alla fine, vince così.

Almeno questo è il mio punto di vista.

Quindi non so se criticare il gioco per questo, aumentando la difficoltà lo diventava un po‘ troppo difficile, ma questo gioco esiste per la trama, la storia e il modo in cui fa emozionare e riflettere.

Ora vi parlerò della trama, quindi attenzione agli spoiler vari.

Siamo in un mondo non ben identificato, chi avrà giocato ai capitoli precedenti avrà saputo che i mondi dei vari giochi sono collegati tra di loro, quindi all’inizio non sappiamo dove siamo.

A causa del fatto che c’erano personaggi dei capitoli precedenti. ad un certo punto (Nia e Melia) avevo immaginato fossimo nel futuro. Siccome in alcuni punti del gioco capitava di incontrare personaggi che erano, beh, morti, oppure che riapparivano da più giovani immaginavo che ci fossero viaggi nel tempo e invece…

E invece il gioco ha una trama molto profonda per noi, si affrontano tematiche come: il presente, il passato, il futuro, la morte.

 I Moebius hanno creato un eterno presente, le persone praticamente ogni dieci anni si reincarnano. Ma le persone non nascono: vengono fatte ritornare in vita dalla loro (immagino) infanzia.

Intuisco 10-11-12 anni fino ad arrivare ai 20 circa.

(Questa cosa non viene specificata, non misurano il tempo in anni ma in “periodi”). In questo modo evitano di morire, si reincarnano in loro stessi, e la memoria della loro vita precedente viene cancellata.

Un loop, un eterno presente, in cui gli esseri umani che ci vivono combattono per chissà quanto tempo, contro altri, una guerra eterna, fatta per motivi ignoti, in cui le stesse persone muoiono, più volte.

Ci sono piccole variazioni ma tutte le esistenze sono simili, ogni persona fa le stesse scelte.

Ad esempio un amico del protagonista, anzi, il suo mentore Crys, decide di fare il tramandante in ogni sua vita (così ci viene fatto capire, senza essere didascalici).

In realtà non vengono manipolati dai Moebius, ma sembra che facciano ogni volta questa scelta in modo spontaneo.

Ci sono dei connetti filosofici, a mio parere. Significa dunque forse che anche se ricominciassimo da capo, nella nostra vita prenderemmo comunque le stesse decisioni, pur vivendo vite leggermene diverse?

C’è da dire che i personaggi del gioco, però, vivono in un mondo molto ristretto, sono parecchio… ignoranti.

Non conoscono la storia, non sanno il motivo per cui esista quella guerra, non si sa cosa sia successo prima.

Sono utilizzati come pedine, come burattini che si combattono senza farsi domande.

Non hanno genitori, non crescono in alcun modo se non quello di imparare a combattere. Non conoscono l’amore, il sesso. Non sanno cosa significhi “nascere”, avere rapporti di parentela, poca cultura e poche informazioni, poter essere manipolati meglio.

Non esistono libri all’infuori dei manuali di combattimento, scienza, storia… sono la geografia, praticamente.

Questo riguarda tutti i giovani che appunto, terminano la loro esistenza verso i vent’anni, ma non gli abitanti della città, dove ci dice di andare all’inizio Guernica, dove esistono gli unici umani liberi da questo ciclo, che possono nascere e morire, ma il tempo resta fermo, ciclico in quei dieci anni, comunque.

Non si va avanti negli anni, nei secoli, si capisce.

Come esisteremmo senza genitori? L’amore, ho sempre pensato venisse spontaneo, ma in fondo ci deve essere sempre insegnato da qualcuno.

Io penso che le prime persone a insegnare ad amare sono i genitori, guidandoci attraverso certi principi morali e sentimentali.

Se questo non viene a, potremmo intercorrere in un modo distorto di farlo, causando danni ad altri e  noi stessi o se comunque viene insegnato da chi non è una figura genitoriale, anche senza essere parente di sangue.

In questo mondo queste figure sono completamente assenti, i personaggi non conoscono nulla. Chissà se sarebbe così anche per noi, in fondo.

Queste cose sono puro istinto ma sono anche indotte dalla società in cui viviamo… la concezione di amore viene mutata costantemente e (al giorno d’oggi) fin troppo manipolata da persone che sembrano più interessate a imporre un loro punto di vista che il resto.

Immaginate stare proprio senza,

la libertà è completamente negata, perché non si conosce altra scelta, ai sei ragazzi viene offerta, così che possano spezzare questo ciclo. Si crea empatia con loro, perché pensiamo poi che la loro causa sia giusta, che bisogna vivere liberi.

Alla fine si scopre che i due mondi dei giochi precedenti erano collegati tra loro e rischiavano di scontrarsi, così questa stasi esiste per evitare lo scontro, per evitare la morte, per evitare il futuro.

Le due regine, Melia e Nia, però avevano elaborato un modo…

Infatti alla fine i due mondi si separano e anche i sei che sono stati i vostri compagni di viaggio, anzi 8, contando Riku  e Manana, perché tornano nei loro mondi.

Quindi nessun LIETO FINE tra Noah e Mio, che nel frattempo si erano innamorati, lacrime e cuori spezzati.

(mi sono domandato però non bastava restare tutti nello stesso posto? Tanto mica avevano legami familiari per cui era inevitabile, vabbè, magari sono io che faccio il romanticone).

Quindi il mondo di Xenoblade 3, capisco alla fine, è un’unione tra quello del primo e del secondo, cosa che in effetti, si intuisce incontrando “oggetto” chiave, lungo la strada: vedi la spadona in cui c’è la città, che era di Mechonis nel primo.

Anche gli altri personaggi sembrano essersi innamorati ma in maniera meno palese, rispetto a Noah e Mio.

Personaggi molto ben caratterizzati che vengono ben sviluppati, tra l’altro lo stesso Noah è un protagonista che ho preferito agli altri: meno emotivo, più riflessivo, razionale. Sembra essere più maturo e infatti anche la sua motivazione è più consapevole.

Quando nel primo beh, ci si doveva vendicare per la morte di Fiora (Poi ancora viva), e nel secondo un Rex cerca di raggiungere l’Elysum per Pyra (TIRA PIU’ UN PELO DI FI…)

Qua abbiamo un motivo più distaccato dall’amore, esiste in modo più intenso ma non è il motore principale è la libertà.

I due personaggi si innamorano ma…  lentamente, conoscendosi pian piano, non è una cosa immediata.

 Crescono e noi con loro, conoscendoli e comprendendoli, sentendoci come loro, con la loro voglia di vivere, di futuro, di paura di morire.

Ci sono diversi messaggi in questo gioco, pensavo che la morale principale fosse che comunque, nella vita, bisogna andare avanti. Ho notato che molte persone si ILLUDONO di vivere in un tempo congelato, ma questo mondo non è Xenoblade, al tempo non ci potremmo sfuggire.

Eppure… capisco la paura molto …umana del tempo che scorre. Quante persone hanno il timore di rendersi conto di essere diventate adulte, di crescere. Questo ho notato che fa commettere diversi errori: infantili, adolescenziali.

Vediamo questi personaggi e ci sembrano “più maturi” di molta gente che conosciamo.

Ma ho capito che, come altre cose, il “Più maturo” non esiste, è una delle tantissime concezioni errate.

Forse questo gioco mi è piaciuto perché mi ha condotto su alcuni percorsi della mia vita attuale, con molte riflessioni, beh…

Aveva meritato di essere uno dei più belli.

Ci sarebbe anche troppo da dire, ma mi voglio fermare qui, fatemi sapere la vostra se l’avete giocato. Alla prossima.

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