“La Miccia” Parte 6:”Siamo una Famiglia!”

Prima era di domenica… spostiamo a Venerdì!

Altro prequel de:”Un Piromane in Ferie” , narrano le vicende di un Giorgio più giovane, quello che è (o sarà) il piromane. Un’adolescenza ribelle, strana, pazzesca e solitaria, in una Torino di qualche anno fa, nel passato.

ATTENZIONE: si precisa che, come altri racconti del blog (poesie incluse), questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a luoghi, eventi, reali (varie ed eventuali) è puramente casuale.

Dato che nessuna delle persone descritte esiste realmente, e quindi non vive le sperienze descritte. (Ovviamente).

Puntata precedente: ”Birre in Lattina

(Siamo sempre nel capitolo: ” Il Muretto

Dalla settimana prossima, questo romanzo sarà spostato al venerdì!

Siamo una Famiglia!

Carlo passò il tempo a fare piani, dando suggerimenti ad Ofelia, a come rendere quel posto il luogo perfetto per lei, per noi, offendo il suo aiuto.

Tra una birra e un tiro d’erba, si muoveva, mettendo a posto delle cose, pennellando i muri, ideando modi per vivere lì.

Posarono tutto su un tavolo di legno, e qualcuno si sedette su alcune sedie che la nostra amica aveva già portato lì.

Franco si metteva ad ascoltare un po’ di rap, con la sua radiolina, mettendoci dentro cassette o CD.

Era il 1997, quel tipo di musica non era ancora popolare come oggi: aveva ancora quel suono di ribellione, di voglia di riscatto, di “Vox Populi”.

Franco conosceva quegli artisti underground che cominciavano a farsi conoscere e noi eravamo con lui, a sentirla, ma non solo con le orecchie.

“E un’altra volta sto costretto ad aspettare che mi passi
Il sole è ormai sparito come nell’eclissi
Perché gli incubi sono gli stessi
Mi dico un altro giorno, un altro giorno ancora
Questa situazione dura ormai da troppo e non migliora affatto

Rebecca era preoccupata per la sua amica, che voleva passare il tempo lì, da sola, in un posto abbandonato, in mezzo al niente. Diceva che qualcuno doveva restare con lei ogni notte.

Io non sapevo cosa pensare. Forse aveva ragione lei, ma Ofelia sembrava una che era indipendente da quando era nata. Anzi; a volte sembrava che se provassi ad aiutarla, se la prendeva e diventava intrattabile.

  • Franco, dai, digli tu qualcosa.
  • E che devo dirgli? – Rispose lui, sollevando il sopracciglio, facendo scintillare il piercing, colpito dalla morente luce del sole.
  • È ancora pomeriggio presto, e qua è già buio, potrebbe essere in pericolo.
  • Sei troppo apprensiva. – Rispose lui, facendo un tiro.
  • E tu sei troppo stronzo!
  • Reb, pensaci un attimo. In ogni caso se sta a casa è comunque una situazione che la fa sentire a disagio, ha paura. Forse preferisce questo rischio che quello della sua famiglia. – Replicò Franco, con una calma incredibile, nonostante fosse abbastanza brillo e sballato. – Sei solo in para per l’erba.

Ofelia rimase in silenzio, dopo averli ascoltati, fece però un’espressione che sembrava volesse dire che il nostro amico avesse colto nel segno.

  • … È così, Ofì? – Le domandò affettuosamente Rebecca.
  • Beh, ci si avvicina, dai. Però Reb, verrò a passare la notte qua solo quando la situazione sarà grave.
  • Non lo è già? – Domandai io. – Mi guardarono tutti, in silenzio. – Mi sembra chiaro che sennò non avresti fatto questa mossa disperata.

La mia amica si morse le labbra. Il suo tentativo di rassicurare Reb era fallito.

  • È successo qualcosa? – Domandò Carlo, sempre fomentato, pronto a scattare.
  • Ho paura di quello che potrebbe succedere, ragazzi. Vi dico che… forse stiamo al livello di “uccidere o essere uccisi”.
  • E tu, per evitare entrambi, ti sei rifugiata qui. – Dissi io.
  • Sì, Giò…
  • Merda. – Franco abbassò lo sguardo.
  • Dobbiamo ammazzare quella merda di tuo padre! – Urlò Carlo.
  • Chiama la polizia, i servizi sociali… – Propose Rebecca.
  • Figurati se quelli danno retta a gente come noi! – Replicò Franco

Ci fu un po’ di confusione in quella casa. Sembravamo davvero una famiglia, a litigare così tanto. Per quanto la situazione fosse disperata, assurda, e brutta… mi sentivo a casa. Sorridevo, a guardarli scaldarsi così.

Così fa chi si vuole bene, lo facevamo anche noi.

  • Ragazzi! – Gridai io. – Vi voglio bene.

Si fermarono, ci fu un istante di silenzio.

  • Siamo una famiglia, no? Dobbiamo guardarci le spalle. Se qualcuno resta qui con lei ogni volta, non ci sarà problema, no? Uno di noi può restare qui, tranquillamente, sempre. Ci resto io, oggi, va bene?

Furono tutti d’accordo: quella fu una presa di posizione ed assunzione di responsabilità, da parte mia, talmente forte che nessuno volle replicare.

Poi, ho capito che… nella vita se non c’è mai uno che per primo si sacrifica, si prende il peso di qualcosa sulle spalle, nessuno lo farà. Ci vuole sempre un “buon esempio”, un “leader”.

Nel frattempo, la casa cominciava a diventare quasi buia. C’erano le luci di alcuni lampioni che entravano dentro. Che bella atmosfera che creavano, illuminandoci.

Era una cosa così intima, così personale, stare insieme immersi nelle luci della città.

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