Ogni venerdì “Un nuovo Mondo”: un racconto fantasy un po’ strano, a volte proprio caotico, di cui ho avuto l’ispirazione da un po’ di tempo, ovvero quando io stesso mi sono accorto di vivere… “in un nuovo mondo”, appunto.
Parte 18: qui.
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Alla fine, il giovane uomo si domandò se dovesse accettare la situazione per come ormai fosse diventata. Ogni tanto ci pensava ancora, a lei, al cuore che era cambiato, a tante cose.
Forse nella vita non si accetta mai davvero nulla, forse, siamo solo forzati a vedere le cose come vorrebbero le persone che ci hanno abbandonato, e quindi, forzarci a rassegnarci.
Capita di essere confusi come qualcosa che non siamo, a volte ci dipingono con altri ritratti, ma in quel volto no non ci riconosciamo.
Il giovane ormai lo sapeva che era così, e non aveva trovato un modo alternativo. Ormai passava le giornate così, in quella nuova città, libera da re, cavalieri e guerre.
Il tempo in cui avrebbe voluto una “regina” a l suo fianco era conclusa, così come era chiaro che certe persone non possono essere regali.
Era la fine di una storia, dato che ormai viveva in quel nuovo mondo, non provava altro che nostalgia e voglia di andare via.
Era una giornata di gennaio, c’era il sole, e una brezza fredda gli scorreva addosso. Camminò molto, giunse in un posto in cui poteva vedere un bel panorama, poteva guardare la città e i paesi, da lassù.
Era quasi il tramonto, iniziavano ad accendersi le luci dei lampioni, si sedette su una panchina, immerso nei pensieri, guardando quello spettacolo.
Sentì qualcuno cantare, e suonare una chitarra:
“ I’m sitting here, I miss the power
I’d like to go out, taking a shower
But there’s a heavy cloud inside my head
I feel so tired, put myself into bed
Well nothing ever happens and I wonder…”
Si alzò dalla panchina, si appoggiò sulla ringhiera per guardare meglio il panorama, guidato dalle note di quella canzone, così dolce, ed orecchiabile, si rispecchiò in quella musica.
“I wonder how, I wonder why
Yesterday you told me ‘bout the blue blue sky
And all that I can see is just another lemon tree
I’m turning my head up and down
I’m turning, turning, turning, turning, turning around
And all that I can see is just a yellow lemon tree”…
Era vero, sembrava che sarebbe stato tutto bello, che lo era, ma alla fine, tutto ciò che finisce è solo una delle tante storie, così ripetitive e banali, che poi non ci fai nemmeno più caso se la ascolti per l’ennesima volta.
Dopo aver finito di cantare e suonare, il tipo che stava suonando gli si avvicinò:
- Ti è piaciuta?
Il ragazzo che suonava aveva un cappello di paglia, come quello dei contadini, aveva addosso un sarape, e aveva acceso una sigaretta.
- Vuoi?
L’eracolatore accettò, e si accorse subito che non era tabacco, fece comunque una smorfia per far capire che andava bene così, e fece un tiro, appoggiando i gomiti alla ringhiera. Il suo misterioso compagno lo imitò.
- Sì, mi è piaciuta, ma temo mi rimarrà in testa per un po’.
- Beh, allora vuol dire che è bella, no?
- Beh, sì ma, sai com’è… non tutto quello che ti rimane in testa e rimbomba è bene che ci resti, mi spiego?
- Credo di sì, compare.
- Sei messicano?
- Bah, non proprio… Sudamerica.
- Capisco.
- E cosa rimane in testa, amico?
- Ex-amici, ex-fidanzate, ex… persone che hai amato.
- Se ne vanno tutte, compare.
- Così sembra.
- La mia canzone ti ha fatto diventare nostalgico?
- Eh, beh, temo di sì.
- Pensavi a qualcuno, eh?
- Purtroppo mi succede ancora.
- Amci, dicono i saggi che le cose nella vita, son belle perché finiscono.
- Mah, caro mio, certe cose avrei preferito non finissero.
- Eh, non sempre possiamo sceglierlo noi, no? C’è sempre un motivo.
- Dicono che si “deve” accettare, ma io non riesco.
- Il problema è proprio quando te lo vogliono imporre, no? Non è come una persona morta, che, se n’è andata, mica ti dice: “guarda, devi accettare che sono morto” …
- … Esatto.
- La persona è morta, mica è colpa sua, non ti può dire queste cose, no? Ecco, non è giusto che nella vita ci sia qualcuno che vuole dirci come vivere. Amico, lascia perdere. La verità viene comunque a galla, non crucciarti! Viva la vita!
Dopo aver detto questo, se ne andò. L’eracolatore ebbe l’impressione che quello sconosciuto lo avesse capito meglio di tutti gli altri.
Era vero, era comunque giunta una fine, poco importava se un poco ci pensava ancora, era così, in fondo. Doveva solo conviverci, come già sapeva fare da tempo.
Così come riusciva a stare da solo.
“Un Nuovo Mondo” -Fine.
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