“La Miccia” – Episodio 3:”Nostalgia”.

Altro prequel de:”Un Piromane in Ferie” , narrano le vicende di un Giorgio più giovane, quello che è (o sarà) il piromane. Un’adolescenza ribelle, strana, pazzesca e solitaria, in una Torino di qualche anno fa, nel passato.

ATTENZIONE: si precisa che, come altri racconti del blog (poesie incluse), questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a luoghi, eventi, reali (varie ed eventuali) è puramente casuale.

Dato che nessuna delle persone descritte esiste realmente, e quindi non vive le sperienze descritte. (Ovviamente).

Puntata precedente: ” Ofelia

(Siamo sempre nel capitolo: ” Il Muretto

Nostalgia

Passò un po’ di tempo, fumavamo la nostra canna, persi tra il silenzio, scherzi e chiacchere.

Alla fine, arrivò Rebecca. Aveva i capelli lunghi, neri. Era bella, ma sembrava che non volesse farlo notare, si sistemava, truccava, ma lo faceva poco.

Spesso credevo che volesse essere quello che era, ma senza disturbare troppo. Aveva un bel sorriso, ma quando lo faceva, sembrava farlo con discrezione; sembrava voler esistere senza far rumore.

  • Ciao ragazzi! – disse, sorridendo piano.
  • Ciao Reb! – Ofelia baciò anche lei sulla bocca, per salutarla.
  • Fa freddo eh? Avete già fumato un po’?
  • Sì, io un po’ da solo, un po’ con lei. – Dissi io.
  • … E come va?

Spesso credevo che volesse essere quello che era, ma senza disturbare troppo. Aveva un bel sorriso, ma quando lo faceva, sembrava farlo con discrezione; sembrava voler esistere senza far rumore.

Rebecca era un po’ strana; non capivo mai se ero io a metterla in soggezione, o se alternava momenti di tranquillità, a momenti di esplosivo entusiasmo,come quando si era fatta male.

Era una di noi, una sorella, si sfogava spesso, la vidi piangere, a volte, la sentii dirmi grandi segreti, ma sembrava avere sempre paura di pesarci su noi tutti, si preoccupava, e non doveva.

  • Al solito, sorella! – Le rispose Ofelia, – uno schifo.
  • Eh, anche io. – Mi guardò intensamente, non sapevo perché. Avevo l’impressione di piacerle davvero.
  • Cosa non va? – Le domandai.
  • Mh, te lo dico dopo.

Arrivano Carlo e Franco.

Erano vestiti quasi uguali: tutti e due con felponi, giubotti imbottiti, e berretti di lana.

  • Ciao ragazzi!
  • Finalmente. – Disse Ofelia.

E, come di rito, baciò anche loro due sulla bocca, a stampo.

  • Come mai ci avete messo tanto? – Gli domandai.
  • Beh, abbiamo qui un bel po’ di cose. – Mi disse Franco. Notai la sua grande felpa di colore giallo, e il suo sorriso genuino. Era un ragazzo semplice, che riusciva ad essere spensierato, e aveva dentro una grande energia.
  • Abbiamo preso dei marker, e altro, ora vedrete. – Mi disse Carlo, che a causa del suo berretto di lana, faceva notare un po’ di più il suo grande naso.

Lui era uno strano; a volte si comportava da “padre”, come se dipendesse da lui la sicurezza del gruppo, che… fin troppo spesso si trovava nei guai.

Però lo faceva come se fosse tutto sulle sue spalle, dimenticandosi che a volte, anche io ci avevo protetto.

A volte ci faceva caso, ma molto meno di quanto lui si sentisse “a capo”.

Non era assolutamente un leader, e non era per niente carismatico, anzi: forse quello che lo era di più nel gruppo ero io, e forse, si vedeva dal fatto che le due ragazze stavano più piacevolmente con me, che con gli altri.

Non mi reputavo particolarmente affascinante. Non sono mai stato particolarmente bello, né qualche altra caratteristica di rilievo, se non, appunto, questa capacità involontaria di farmi ascoltare davvero.

I due ragazzi però, non sembravano prestarci attenzione: sembravano veramente più interessati a fare writing, graffiti, e fumare.

Devo ammettere che sono sempre stato un po’ romantico, io. Le donne, le ho sempre amate più degli uomini, anche se per me, quelli erano come fratelli… ma certe ragazze, sono capaci di farsi amare molto di più. È quasi istintivo in ogni uomo, voler difendere una di loro, custodirla, salvarla.

Ormai si era fatto buio, le luci dei lampioni iniziarono ad illuminarci: continuammo a fumare, a bere qualche birra che avevano portato i ragazzi.

E lasciavamo i nostri tag su quel muretto, e su altri muretti di quella grande città, sempre con il cappuccio alzato, e sempre con quel posto come posto di riferimento.

Eravamo pieni di problemi, e desiderosi di ribellarci contro quel mondo, che pensavamo fosse tanto ingiusto.

Erano bei tempo, quelli…

Ero un ragazzo delle superiori, erano gli anni ’90, il mondo era così diverso, e stava cambiando di continuo. Sembrava proprio che quegli anni, prima del 2000, fungevano da base a quell’esplosivo progresso tecnologico che ha preso il mondo.

Il mondo era veramente più semplice, e non solo per me che ero un ragazzo, ma per tutti.

E spesso mi viene la nostalgia, anche se non vivevo la più pacifica delle vite, anzi: tutt’altro. Ero sempre in mezzo a qualche casino, e ci veniva sempre l’ansia…

Però, mi mancherà sempre quel modo di essere selvaggi, spensierati, semplici… forse, addirittura pericolosi.

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