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Si sa, a volte non è così facile come sembra chiudere col passato.
Ripartire, sembra facile, soprattutto quando lo dicono gli altri. Marco stava ripartendo, ma ogni tanto, senza che nemmeno ci pensasse venivano in mente dei ricordi.
Spesso pensava all’ipocrisia dei consigli: chi li dà, ben poco spesso li segue.
Quindi Marco aveva cominciato a sentire solo sé stesso, non seguiva più i consigli di nessuno. Quell’attività da investigatore privato non era proficua, ma poco importava.
Perché lui stava bene con le sue scelte. Era in pace.
Si teneva il ricordo, i rimpianti e i rimorsi per sé. Aveva notato che parlare con gli altri serviva a poco. Specialmente in quel posto, dove più che pareri, davano giudizi.
Più che consigli, davano imposizioni.
Più di capirlo, pensavano di farlo.
E lui era stanco di tutto questo.
A volte ci pensava, quando guardava la sua città, sembrava spesso dimenticata da Dio, in una muta anarchia. Ordine e disordine.
Un posto in cui si parla di regole che poi infrangono tutte, ripetutamente.
Le regole son fatte per essere infrante. E allora, perché darsi tanto impegno se poi nessuno fa quello che dovrebbe?
E anche lui faceva così, indagando.
Stava ad osservare la sua terra col binocolo, cercava qualche fuoco, qualche incendio.
Quel giorno non sapeva perché, era nostalgico. Gli tornavano in mente ricordi con Arianna.
Si chiese se ci fosse un modo reale per non pensare al passato.
Forse erano tutte bugie, che la gente si dice e dice agli altri.
E forse era solo il caldo e l’attesa che lo annoiavano.
Stava lì, appostato come i veri detective.
Era ancora un ragazzo alquanto giovane, sentiva l’amore sia come una cosa passeggera, ma anche importante. Del resto, a volte anche nei momenti in cui le cose sembravano sparire, un po’, tornavano. Forse era solo la noia.
Era un po’ la mentalità con cui era cresciuto: era così difficile vivere e crescere in un posto che con al tua personalità, cozza spesso e volentieri. Spesso pensava che i suoi amici che stavano al nord non capivano: odiava questo eccesso di paranoico apparente cinismo.
In altre parti d’Italia, trovava molta gente che era meno fissata con i canoni di bellezza: soldi, muscoli, macchine… Veramente un sacco di persone si godevano la via, pensando semplicemente a darsi da fare, senza altro.
Ed era così, quando si è giovani, non si pensa solo alla carriera, si pensa allo studio, al presente, al futuro.
E quante responsabilità abbiamo, nei confronti del nostro passato, del nostro futuro?
Ma soprattutto, lo abbiamo nei confronti del nostro presente, il momento essenziale, quello che viviamo davvero, quello veramente concreto.
Quello che esiste davvero.
Marco era un po’ più lento di altri: avendo un carattere riflessivo, non riusciva proprio a spenserai come gli altri, passare veramente da una figa all’altra, senza pensarci, no.
Lui amava e dava sempre tutto sé stesso in ogni cosa che facesse.
Faceva un dannato caldo, ma ecco che vide qualcosa all’orizzonte, una fiamma, piccola fiamma, decise di andarci velocemente.
Era tempo che la noia, facesse spazio a qualcos’altro: era tempo che lui potesse fare spazio ai sogni di gloria, ad immaginarsi un futuro migliore.
E ‘sticazzi che sia utopico. Meglio sognarselo, un lieto fine, invece di pensare di non riuscirci mai a fare quello che vogliamo davvero.
E “SuperMarco”, lo sapeva bene.
Nient’altro di ciò che desiderava veramente, lo avrebbe mai fatto stare felice allo stesso modo.
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