La voglia di scrivere ci sarebbe, ma ognuno di noi vive secondo tempi che non sempre riusciamo a controllare.
Ho capito che la fase è finale del dolore, è anche la peggiore, perché è la più silenziosa, ma anche quella in cui sai che non ne vuoi più, ne hai abbastanza di parlare di quello che ti fa male, anche con te stesso, anzi, soprattutto.
E quindi inizi a pensare e a dedicarti a quello che ti fa stare bene, che inizialmente è un mezzo di “distrazione” per il malessere, quindi diciamo che spesso la scusa sarebbe quella, se così si può definire.
Ma sappiamo che si dovrebbe vivere per stare bene, o meglio, la società odierna ha quella parvenza di benessere continuo, lì dove non c’è spazio per il malessere, anzi, forse ormai sembra che non ci sia spazio nemmeno per il benessere.
Spazio per nulla, se non dover pensare costantemente ai problemi. Eppure se la vita è breve, non stiamo qui a viverla per il suo male, tutt’altro: siamo qui per viverla nella sua totalità, in tutte le emozioni buone e cattive, perché “vogliamo il mondo e tutto quello che contiene”.
Amanti della vita, siamo sempre più curiosi di sapere cosa c’è oltre l’orizzonte, così è quando siamo o possiamo definirci sicuri di essere fuori dai periodi bui e voler vedere oltre la nebbia, il buio che fino ad ora ci aveva avvolti.
E si teme di aver sprecato tempo: ho la smania di andare a vivere le esperienze belle, stare bene, essere felice, liberarmi al più presto dei pesi che mi sto trascinando per farlo avvenire.
È brutto considerare gli obiettivi da finire “pesi”, anche se son piacevoli, in effetti, anche se son contento e fiero di me stesso, dopo tanto lavoro su di me per poter emergere dalla merda come una persona migliore.
E in questo lavoro di scoperta e di riscoperta, che ho voluto indagare me stesso, capire perché certe cose sono accadute, sono andate fuori controllo, perché le emozioni negative sono emerse, facendo solo “terra bruciata”?
È stato importante, importantissimo fare queste cose: è così che ho ritrovato delle cose che avevo messo da parte, lati della personalità sopiti, anche banalmente il vestiario, abbandonando gradualmente quasi del tutto la camicia, l’eleganza, per tornare ai vestiti larghi, ai cappellini hip-hop, e fregandomene sempre di più del resto, diventando sempre di più ME.
Facendo un giro durato anni ed anni, continuando a sbagliare, e anche a ripetere gli stessi errori. A domandarmi se le cose si ripetono per farci comprendere meglio il passato.
Se esiste un “destino”; un karma.
Alla fine ciò che conta è che sono qui, scoprendo in fondo, che io sono quello che sono stato.
Sono sempre stato in certi modi, la bontà è qualcosa di innato, probabilmente. Sempre cercato di fare del bene, anche se non sopporto chi lo fa a me.
Sono sempre rimasto un po’ così, con la rabbia verso coloro che cercano di farmi smettere di essere me stesso, o tentano di calpestare me e i miei sentimenti.
Ho avuto ultimamente a che fare con chi dice che non riesce ad arrabbiarsi, può darsi sia vero, ma potrebbe anche darsi che reprima la sua rabbia perché la reputa “sbagliata”, a prescindere.
Io credo che se consoci te stesso, avrai il quadro completo, senza reprimere nulla, non ci si deve trattenere con sé stessi, così magari eviti anche davvero il male.
E quindi, ho capito che sono chi ero, che ho oscurato lati di me, quando non dovevo farlo. E probabilmente è stato quel frenarmi ad aver causato i conflitti, forse…
Non è che io abbia questa certezza, in fondo.
Sono quello che avevo lasciato indietro, trascurato per tentare di ottenere qualcosa, per poi perderlo prima ancora di avere la piccola opportunità di ottenerlo.
I’m nothing special. Someone tells me I’m good, for someone I’ll be a monster,
but I’m nothing special. I’m a normal person, and I think my problems are things that “only happen to me”,
but I am one among many.
Nothing special, indeed.
I never know where this life goes,
I’m wrong, I know I’m wrong, then I leave these things alone, then I forget to write, then I don’t feel like it, I don’t believe it anymore, I don’t give a damn anymore about how I die, and not even how I live.
Sometimes I don’t want anything, not even the things I wanted more than anything, I don’t want time to stop, I don’t want to go back, to fix my mistakes.
When you’ve gone too far, you won’t know what to do when you go back, right? You’re done now, what do you have to do back? Now there are other choices,
for us, who don’t want to live in the past.
What am I supposed to say to her now? If not simply: “I’m sorry, I made a mistake”.
She ends here, ends there, let’s forget, come on.
I won’t forget, you will remember me as someone who only hurt you.
And like me other people, in a world and humanity so vast, with things that move, so fast, sometimes, that time has passed without even you being able to notice it.
And now the things that pass come and take you, they take you away from the present, they take you away from the past in which you get stuck, sooner or later… sooner or later.
And the idea that one day we will fly becomes more and more concrete.
And where will I disappear? Where will we disappear?
I wonder if I will ever be able to publish a book,
I wonder if anyone will ever read me as I would like?
Who knows, boh.
I would just like to let myself be dragged by some other sea, forget the life of now, and make another one, just like many, just like too many.
Me, nothing special.
Hoping that someone will come back, wanting to leave, wanting to live…